sabato 28 gennaio 2012

Le Salighe – i loro doni


Con l’arrivo della Donna Selvatica (come pure dell’Uomo Selvatico), compare nella vita dell’individuo e della comunità la dimensione del dono, della gratuità, del libero dispendio di sé.
Le Fanciulle del Bosco sono quelle che donano perché posseggono le energie degli dei, le forze inesauribili del Sacro Naturale.
Così le vede, per esempio, Goethe:

Voi che abitate rocce e alberi
o ninfe salutari
date a ciascuno volentieri, ciò che in silenzio desidera!
[…]
Perché a voi
gli dei hanno dato,
ciò che agli uomini hanno negato,
esseri caritatevoli e consolanti,
con chi si fida di voi. (J.W. Goethe, Solitudine)

Il dono è, infatti, il modo di esprimersi dell’energia delle forze primordiali e naturali, che l’uomo ha sempre vissuto come sacre (tranne in Occidente, negli ultimi duecento anni). E la Natura, come tutto il Sacro si esprime donando, perché possiede energie in eccesso. Come ha osservato lo studioso del Sacro Rudolf Otto: “Il Sacro in semitico, greco, latino e in altre antiche lingue veniva definito solo come eccesso, eccedente, troppo, e non ci si occupava dell’aspetto morale”.
Il mondo delle forze della Natura, del Sacro, è dunque il mondo delle eccedenze, delle abbondanze.
Il mondo del pensiero razionale è invece in gran parte il mondo del calcolo, della misura e del controllo.
La differenza, energetica e psicologica, tra questi due ambienti appare evidente se osserviamo una foresta e una fabbrica. L’organizzazione industriale, infatti, si limita a elaborare, spesso in modo geniale, materie prime o fabbricate dall’uomo. Nell’intervento naturale invece l’aspetto di sovrappiù, di eccedenza rispetto a quanto l’uomo vi mette è assolutamente evidente.
Nel grembo della terra avviene un processo creativo paragonabile, per ricchezza di risultato, soltanto a quanto avviene nel corpo umano, che infatti della Natura fa parte. Il mondo della Natura Primordiale è quindi, innanzitutto, il mondo dell’eccedenza, del sovrappiù, della dismisura tra quanto mette l’uomo (il piccolo seme) e quanto le forze naturali trasformano (il campo, l’albero, la foresta) e aggiungono. Così come possono anche togliere, senza preavviso: è l’aspetto distruttivo del Sacro naturale.
La Natura incontaminata, la Wildins, rappresenta quindi la situazione opposta a quella in cui vive l’individuo della modernità: che è, in fondo, una condizione di penuria, anche se la chiamano di solito ricchezza. L’uomo e la donna della modernità pensano infatti di poter ottenere solo nella misura in cui continuamente investono e calcolano: nulla è dato loro gratuitamente. L’affidamento alla vita – che noi chiamiamo “fatalismo” – è condannato come irresponsabilità: non hai nulla se non con lo sforzo, e non lo mantieni che con un ossessivo controllo della situazione.
Il linguaggio e il comportamento della Donna Selvatica, rappresentante del mondo naturale delle abbondanze, è invece quello del darsi. È attraverso questa donazione che si manifestano le sue energie, le sue possibilità di intervento nella vita degli uomini.
Per la Selvatica è invece tabù, grave violazione al suo carattere sacro, il modo dello scambio mercantile. Il pagamento, i beni che le vengono dati non come offerta sacrificale a una potenza sovrapersonale, ma come compenso personale, utilitaristico do ut des, “do per avere”, la offendono, e provocano subito il suo ritorno nella foresta, nella Wildnis.
La Donna Selvatica rappresenta un femminile non certo fastoso, anzi in genere essenziale, ma che dà, offre in continuazione: lavoro, cose preziose, materie prime naturali. Il suo insegnamento è che sul mondo naturale, di cui lei è espressione, si può contare all’infinito, a condizione di rispettarlo e onorarlo. Essa non può accettare il compenso, che la degraderebbe da rappresentante della Natura Primordiale a interessata prestatrice d’opera. Il pagamento in denaro è ancora più offensivo del dono, che di solito viene accolto con umorismo, come una stupidaggine, anche se fa fuggire le Selvatiche

Da: Donne selvatiche di Claudio Risé e Moidi Paregger

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